Si chiama decomposizione chimica a livello molecolare e potrebbe rappresentare una metodologia molto più efficiente di quelle utilizzate tradizionalmente dall'economia circolare per il riciclo della plastica.
Nella maggior parte dei casi queste ultime si basano infatti su procedure che sfruttano impianti per il taglio e il riutilizzo di una materia prima seconda che non deve essere obbligatoriamente della stessa qualità della materia vergine. Alle condizioni attuali, se i requisiti di riferimento fossero più stringenti molto probabilmente il riciclo risulterebbe meno conveniente dal punto di vista economico e ciò rappresenterebbe un disincentivo per le aziende che operano nel settore.
Al di là del discorso prettamente economico, il riciclo della plastica effettuato con le modalità odierne presenta ancora diverse problematiche. Solo per citarne alcune si potrebbe fare riferimento alla produzione di residui e rifiuti e all'impossibilità di smaltire grandi quantità dei prodotti teoricamente destinati al recupero, buona parte del materiale plastico consumato finisce infatti per disperdersi nell'ambiente, contribuendo a fenomeni come la formazione delle microplastiche che colpiscono gravemente gli ecosistemi oceanici, i lunghissimi tempi di decomposizione rendono poi ancora più elevato l'impatto ambientale delle plastiche.
Nello stesso modo la plastica non riciclata contribuisce alla formazione di discariche e viene spesso eliminata tramite inceneritori che producono emissioni tossiche, queste ultime finisco per sommarsi a quelle della produzione basata sull'impiego di materie prime. Tutto ciò accade in un contesto in cui vengono prodotte annualmente quasi 90 milioni di tonnellate del materiale plastico globalmente più diffuso, il polietilene.
La decomposizione chimica a livello molecolare ha il compito di rendere più rapida la decomposizione della plastica, tale processo innesca una trasformazione del materiale trattato generando molecole alchil aromantiche da cui ricavare dei composti utilizzabili a livello industriale per la produzione di diversi prodotti tra cui quelli per la detergenza e la cosmetica. A livello pratico non si tratta del primo metodo sviluppato per questo scopo, ma rispetto alle soluzioni già note esso risulta essere nettamente più performante dal punto di vista dell'impatto ambientale.
Ciò accade perché tale sistema non richiede l'impiego di solventi, non necessita di idrogeno per la velocizzazione del processo di decomposizione e funziona a temperature relativamente basse, circa 300 gradi centigradi contro i 500/1.000 gradi normalmente raggiunti. Il tutto è reso possibile dall'azione di un catalizzatore, cioè di una sostanza in grado di accelerare una una reazione chimica, formato da ossido di allumino, comunemente chiamato anche allumina, e platino.
Tra i vantaggi di questo metodo, vi è anche un ridotto consumo di energia dovuto in buona parte proprio al fatto che non sono richieste temperature molto elevate. Questo, unito alla novità di non dover utilizzare solventi e acceleranti basati sull'idrogeno, determina anche un rilevante contenimento dei costi che potrebbe facilitarne l'adozione in ambito industriale.